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Storie di infortunio: comportamenti sicuri e BBS

Il Centro regionale di Documentazione per la Promozione della Salute della Regione Piemonte ( Dors) raccoglie  storie d’infortunio rielaborate dagli operatori dei Servizi PreSAL delle ASL piemontesi a partire dalle inchieste di infortunio, con la convinzione che conoscere come e perché è accaduto sia una condizione indispensabile per proporre soluzioni efficaci per la prevenzione.

Questa storia, dal titolo “Un bel maglione” (a cura di Federico Magrì, Servizio Pre.S.A.L. della Asl TO3), presenta un infortunio finito bene nel reparto produttivo di una piccola officina di lavorazioni meccaniche, su un tornio plurimandrino automatico.

Descrizione infortunio
L’infortunato operava sul tornio in movimento (mandrini in rotazione) con gli sportelli laterali aperti. Per spostare un ugello del liquido lubrorefrigerante portava il braccio destro all’interno dell’area di lavoro del tornio e la superficie scanalata di un albero in rotazione afferrava un lembo della manica del maglione che l’infortunato indossava, trascinando il braccio verso gli organi meccanici in movimento. Per una fortunata combinazione il tessuto del maglione ha formato intorno all’albero un groviglio tale da bloccarne la rotazione, limitando il danno ai tessuti superficiali del braccio.

Come prevenire
L’infortunio non sarebbe successo se l’infortunato stesso non avesse deliberatamente manomesso i dispositivi di sicurezza di cui era dotato il tornio, che era stato acquistato usato ma ricondizionato da una ditta specializzata e dotato dei necessari dispositivi di sicurezza e delle relative certificazioni. Egli aveva infatti smontato le chiavette di sicurezza che, fissate agli sportelli laterali scorrevoli del tornio, impegnando i microinterruttori che danno il consenso ai movimenti del tornio solo quando gli sportelli sono in posizione di chiusura. Le chiavette erano state infilate nei microinterruttori in modo che vi fosse sempre il consenso al movimento. Ovviamente, l’infortunio poteva essere prevenuto anche evitando di inserire parti del corpo all’interno dell’area di lavoro (e quindi dell’area di pericolo) del tornio.

L’aspetto più importante è impare a comprendere le conseguenze dei propri gesti e delle proprie azioni (NDR).

UN BEL MAGLIONE – La storia
A mia madre è sempre piaciuto lavorare a maglia. Già quand’ero piccolo e andavo a scuola era lei con le sue mani, con movimenti velocissimi e precisi, che mi confezionava dei bellissimi maglioncini di lana.
Ora che ho passato i trentacinque anni, ho la mia famiglia, il mio lavoro e la mia officina, lei continua a passare le sere a sferruzzare e ad ogni Natale regala uno splendido maglione a me e uno a mio fratello Carlo. Sono molto belli e quando a forza di indossarli diventano un po’ lisi, li usiamo anche per il lavoro in officina.
Io e mio fratello siamo sempre andati molto d’accordo, e da qualche anno, in un piccolo capannone nell’area artigianale del nostro paese, abbiamo messo in piedi la nostra aziendina. Ora ci lavoriamo io e Carlo con due operai dipendenti, produciamo raccordi per impianti idraulici, partendo da barre di acciaio trafilato. Abbiamo comprato dei torni plurimandrino automatici di seconda mano, vecchiotti ma ricondizionati da una ditta specializzata, che ce li ha venduti con tutte le certificazioni necessarie, anche rispetto alla sicurezza. In pratica in ogni postazione di lavoro c’è un caricatore automatico che spinge le barre metalliche lunghe 4 metri verso i mandrini dei torni automatici. Quando la barra sporge della giusta misura dal mandrino, questo automaticamente si serra sul pezzo di barra sporgente ed iniziano ad operare, secondo movimenti programmati, gli utensili del tornio. Completata l’asportazione di materiale prevista dal disegno, il pezzo finito viene scaricato in una apposita tramoggia.
I pezzi che produciamo sono di vari tipi e dimensioni, perciò più o meno una volta al giorno bisogna fare un cambio-tipo su almeno uno dei torni. È un lavoro che facciamo solo io e mio fratello, richiede una certa esperienza e una gran precisione, sennò si rischia di fare un’intera partita di pezzi di scarto.
Un giorno di gennaio, nel pomeriggio, stavo proprio lavorando per il cambio-tipo di uno dei torni. Alle cinque, finito il loro turno, gli operai sono andati a casa, mentre io e Carlo, come al solito, siamo ancora rimasti al lavoro. Io volevo finire la regolazione del tornio, in modo che al mattino successivo l’operaio lo trovasse già pronto per la produzione. Verso le 18:15 avevo quasi finito, mi restava solo da regolare la posizione dei beccucci che fanno arrivare il liquido lubrorefrigerante sull’area di lavoro dell’utensile. Ovviamente per poter fare il lavoro avevo aperto i due sportelli scorrevoli laterali del tornio, i quali servono sia a impedire l’accesso alle parti meccaniche in movimento che sono all’interno, sia a evitare che schizzi di liquido lubrorefrigerante vadano verso l’esterno della macchina. Con gli sportelli aperti la macchina potrebbe funzionare solo a impulsi, giusto per poter verificare che il montaggio e le regolazioni sono fatte bene, poi bisognerebbe chiudere gli sportelli e far partire il normale ciclo di lavoro.
Per poter vedere bene come lavoravano gli utensili, pochi giorni dopo il loro acquisto avevamo fatto una piccola modifica ai torni, smontando la chiavetta che, fissata sugli sportelli, andava ad azionare i microinterruttori di sicurezza quando si chiudevano gli sportelli dando così il consenso al movimento dei mandrini e degli utensili.
I due microinterruttori di sicurezza che avrebbero dovuto impedire i movimenti del tornio a ripari aperti erano stati manomessi, staccando le due chiavette dagli sportelli e infilandole nei microinterruttori. In questo modo il tornio riceveva il consenso per i movimenti indipendentemente dall’apertura o chiusura degli sportelli, ed era quindi possibile accedere all’area di lavoro del tornio anche quando gli organi meccanici erano in movimento.
La chiavetta smontata dagli sportelli era stata infilata direttamente nei microinterruttori, così da poter aprire gli sportelli e dare un’occhiata all’interno senza che il tornio si fermasse. In questo modo potevamo anche verificare a vista che tutto funzionasse a dovere. Grazie a quella modifica, infatti, potevo far girare i mandrini e far muovere le torrette portautensili controllando che tutto fosse ben regolato.
Come dicevo, alle 18:15 circa avevo ormai finito, dovevo solo regolare la posizione dei beccucci del liquido lubrorefrigerante. Mentre i mandrini erano in rotazione (azionati da una serie di meccanismi scoperti ed accessibili), ho allungato il braccio per spostare un po’ un beccuccio. Mentre muovevo il braccio, un albero in rotazione, che ha una parte della superficie scanalata, ha afferrato la manica del maglione nella zona del gomito destro. Un attimo e mi sono sentito tirare verso il meccanismo, non riuscivo a sottrarmi alla stretta e subito dopo ho sentito un forte dolore al braccio. Per un momento ho pensato “Oddio, qui ci lascio un braccio!”
Un istante dopo, con uno strano rumore, il tornio si è fermato. Il filato del maglione fatto a mano si era avvolto intorno all’albero in rotazione formando una massa inestricabile che alla fine ha impedito la rotazione, bloccando meccanicamente i movimenti del tornio e facendo poi intervenire le protezioni elettriche. Nel silenzio calato improvvisamente sentivo solo il dolore al braccio destro, e mi sono trovato incastrato, in una scomoda posizione, all’interno del tornio automatico. Non so come, ho trovato il fiato per chiamare Carlo, che era dall’altra parte del reparto, e farmi aiutare. Lui è corso subito, e quando ha visto che ero ferito ha subito chiamato il 118. Poi ha provato a liberarmi, ma non ci è riuscito. Un pezzo di pelle del mio braccio era finito fra gli ingranaggi, ma il tornio era completamente bloccato, non c’era modo di farlo muovere né in avanti né all’indietro.
Dieci, forse dodici minuti, ed ecco arrivare l’ambulanza.
I volontari a bordo provano a liberarmi, ma anche loro non riescono.
Chiamano allora i Vigili del Fuoco.
Passano altri minuti, arriva una prima unità dei pompieri, poi una seconda.
Le provano tutte, ma il tornio si ostina a non volermi lasciare libero.
È gennaio, è sera e il portone dell’officina è aperto: batto i denti per il freddo e un pompiere mi copre con la sua giacca.
Comincio a pensare che resterò qui bloccato ancora a lungo.
I Vigili del Fuoco chiamano ancora il 118, questa volta arriva un’ambulanza con un medico a bordo. Lui vuole essere certo che non ci sia altro modo per liberarmi, tutti fanno ancora qualche tentativo, poi lui decide che c’è una sola cosa da fare: prende un telino azzurro sterile, lo stende per quanto possibile intorno al mio gomito e poi, dopo aver praticato un’anestesia locale, con il bisturi taglia il lembo di pelle e muscolo incastrato fra gli ingranaggi.
Sono le 20:30 e finalmente mi trovo sull’ambulanza che mi porta in ospedale. Ho ancora freddo, ma non sento dolore. Penso a mia madre, a quando dice “Un bel maglione fatto a mano con lana spessa è molto più robusto di quelle robette che puoi comprare al mercato!”
Beh, forse un maglioncino del mercato non avrebbe fermato il tornio, e ora io sarei senza un braccio…

Federico Magrì
Servizio Pre.S.A.L. della Asl TO3

(Fonte www.puntosicuro.it)

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